mHealth il futuro della medicina

Nell’evoluzione del Sistema Salute sta acquisendo sempre più importanza l’eHealth, la Salute Digitale, termine coniato nel 2005 per definire l’utilizzo della tecnologia e il supporto di strumenti informatici e di comunicazione nella pratica medica. Rientrano in questo macro-gruppo, per citarne alcune, la Telemedicina, la Teleriabilitazione, Teleodontoiatria e Telechirurgia, l’Electronic Health records, ovvero i sistemi di registrazione elettronica delle cartelle cliniche, l’ePrescribing, la prescrizione dei farmaci online, i sistemi di supporto alle decisioni cliniche (Clinical decision support system) e l’utilizzo dei telefoni cellulari a supporto della raccolta dati, scambio di informazioni tra medici, ricercatori e pazienti, attraverso il monitoraggio in tempo reale di parametri di salute, stati psicologici e fisici e aderenze alle terapie.

Quest’ultima, definita mHealth, ha suscitato particolare interesse viste le enormi potenzialità di diffusione, considerando che 2.5 bilioni di persone al mondo possiedono un telefono cellulare, e di semplificazione all’approccio di sistemi diagnostici e terapeutici complessi attraverso applicazioni specifiche, in grado di aggiungere valore alla cura dei pazienti in termini di velocità, accuratezza diagnostica, trattamenti specifici e personalizzati per le diverse patologie.

Una ricerca nella letteratura scientifica peer review, ovvero quella considerata con un indice di autorevolezza, dimostra l’esistenza di più di 30 mila pubblicazioni inerenti l’mHealt. Ma alcuni quesiti restano ancora da chiarire, tra cui:

  • quali funzionalità delle app possono avere una reale evidenza clinica e quali sono le difficoltà nell’applicare un approccio evidence based all’utilizzo della mHealth?
  • come possono medici e clinici invogliare e supportare i pazienti nell’utilizzo di queste app?
  • quale valore può apportare l’mHealth alla qualità della vita dei pazienti?

Uno studio inglese, effettuato dall’Istituto Nazionale di Eccellenza per la salute e la Cura (NICE) in collaborazione col Sistema Sanitario Nazionale (NHS) ha catalogato le app attualmente più utilizzate nella pratica clinica, da un punto di vista funzionale, in:

  • app decisionali a supporto della diagnosi
  • app per modificare gli stili di vita dei pazienti attraverso programmi educativi, registrare i risultati dei trattamenti e per monitorare l’aderenza alle terapie
  • app per terapie digitali

Nel primo caso si è evidenziato come l’utilizzo delle app specifiche per la valutazione dei sintomi permette la corretta caratterizzazione diagnostica nell’80% dei casi di triage di emergenza, dato equiparabile statisticamente a quello ottenibile, a livello di esperienza, da un giovane medico o un anziano infermiere, ma questo valore scende del 55% e con una bassa accuratezza diagnostica nelle diagnosi di non emergenza, dove i sintomi sono facilmente sovrapponibili e misconosciuti.

Appartenenti a questa prima categoria vi sono quelle che permettono la comparazione clinica attraverso fotografie, come quelle sviluppate per la diagnosi di melanomi, o attraverso la registrazione del movimento nei casi di tremore, per le quali l’accuratezza diagnostica è dell’89% ma non possono essere ancora considerate un’alternativa alla consultazione clinica.

Appartengono alla seconda categoria invece tutte quelle app che permettono di trattare specifiche patologie attraverso il coinvolgimento in strategie di prevenzione. Spesso in associazione a sistemi indossabili, o wearables, fanno parte di questo gruppo quelle che, attraverso la definizione di obbiettivi da raggiungere, monitorano ad esempio i regimi alimentari, l’attività fisica finalizzata al controllo della massa corporea, permettono di personalizzare i richiami alle terapie, consentono la valutazione glicemica in soggetti diabetici o ipertesi o sono applicate in protocolli per smettere di fumare. Tutte queste soffrono la limitazione dall’essere strettamente legate alle abitudini personali e determinano come solo 4 su 805 di quelle catalogate in questo gruppo hanno originato reali risultati clinici.

Infine, fanno parte della categoria delle terapie digitali tutte le app associate al trattamento di depressione, dolore cronico, psicoterapia cognitivo-comportamentale, stress, insonnia e disturbi post-traumatici. In questo caso, le evidenze preliminari attualmente raccolte non mostrano una significativa differenza tra l’utilizzo di terapie tecnologiche e l’incontro di persona del paziente con gli specialisti.

I risultati di questo apparente insuccesso derivano dalla lunghezza, considerata eccessiva, e dai costi troppo elevati per avere, da parte degli sviluppatori, un numero statistico sufficiente di studi controllati randomizzati, equivalenti agli studi di fase III nello sviluppo dei farmaci, ovvero quelli applicati su migliaia di pazienti e monitorati per eventuali effetti indesiderati su un periodo che può variare anche dai 3 ai 5 anni. A questo si aggiunge una pressione sugli sviluppatori da parte degli investitori per creare, in poco tempo, un’applicazione efficace, che spesso spinge a ripercorrere modelli già testati ma i cui dati sono di difficile reperimento e interpretazione statistica per i medici che affiancano i programmatori.

Inoltre, nella pletora di applicazioni disponibili, medici e clinici devono possedere strumenti per poter indirizzare i pazienti, e questi riguardano sia gli aspetti di efficacia evidente che la tutela della privacy dei dati e un riconoscimento istituzionale attraverso la stesura di codici di condotta e linee guida per l’utilizzo di queste app. Proprio su quest’ultimo punto si sta muovendo la Food and Drug Administration e il Dipartimento Inglese per la Salute, attraverso programmi specifici per la standardizzazione della valutazione clinica in ambito mHealth.

Dall’altra parte, il vantaggio che queste tecnologie possono apportare alla qualità della vita dei pazienti è una puntuale e costante raccolta dei dati clinici, che permetterebbe la costruzione di percorsi terapeutici mirati e aderenti agli specifici parametri del singolo paziente, monitorato quotidianamente nella sua realtà, senza doversi recare nei centri clinici. Inoltre, offre la possibilità di costruire cartelle cliniche comprensive di queste informazioni, reperibili in modo facile, nonché la costruzione di database che permettano di prendere decisioni strategiche basate su grandi numeri statistici, con un vantaggio anche in termini economici per il sistema sanitario globale.

Se le potenzialità dell’introduzione dell’mHealt e della eHealth nel percorso terapeutico sono evidenti e concrete, i dati scientifici attuali ne permettono l’applicazione solo in un ristretto numero di scenari clinici. I tempi sono maturi per una rivoluzione tecnologica del Sistema Salute e le recenti difficoltà affrontate nella diagnosi, accesso alle strutture mediche, proseguimento di studi e applicazione delle cure a causa del COVID-19 hanno evidenziato come l’evoluzione tecnologica sia prioritaria per la sostenibilità dell’Ecosistema Salute nel futuro prossimo per poter garantire vantaggi reali per la diagnosi, prevenzione e cura dei pazienti.

  • Rowland, S.P., Fitzgerald, J.E., Holme, T. et al. What is the clinical value of mHealth for patients?. npj Digit. Med. 3, 4 (2020)
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  • The Lancet Oncology. Digital oncology apps: revolution or evolution? Lancet Oncol. 19, 999 (2018).
  • Morawski, K. et al. Association of a Smartphone Application With Medication Adherence and Blood Pressure Control. JAMA Intern. Med. (2018).
  • Greaves, F. et al. What is an appropriate level of evidence for a digital health intervention? Lancet 6736, 2665–2667 (2018)

08/10/2020

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