Salute e igiene nell’era post-COVID-19

A un anno e quattro mesi dall’inizio della pandemia da COVID-19, che ad oggi conta, a livello mondiale, 147.5 milioni di casi accertati e più di 3 milioni di morti in 223 aree colpite, è possibile, attraverso i dati dall’ultimo Prosumer Report di Havas Group, “Salute e igiene nell’era post-COVID-19”, condotto su oltre 15.000 partecipanti di età pari o superiore a 18 anni, in 31 mercati, tracciare un profilo, se non completamente esaustivo, di certo significativo di come la più grande crisi sanitaria dei tempi moderni abbia modificato la percezione di vulnerabilità, sicurezza e fiducia, a livello individuale e globale, nei confronti delle malattie e della scienza, nonché le nostre abitudini e comportamenti.

Ciò che emerge dallo studio sono le nuove aspettative dei prosumer, i consumatori-innovatori, per quanto riguarda la salute, la comunità medica e le attese nei confronti dei marchi di riferimento, oltre a offrire una prospettiva interculturale sulle reazioni alla pandemia.

 

Chi sono i prosumer?

I prosumer sono i consumatori-innovatori, influencer e driver nelle scelte di mercato.

Oltre al loro impatto economico,  influenzano le scelte e comportamenti di altri, indicando marchi di successo e tendenze. In sintesi, quello che fanno i prosumer oggi, i consumatori tradizionali probabilmente lo faranno nei prossimi 6-18 mesi.

 

Da Roma a New York, da Delhi, Parigi e San Paolo, più di 9 prosumer su 10 affermano come la pandemia abbia evidenziato il ruolo fondamentale di un sistema sanitario forte per un’economia solida, e 8 su 10 riconoscono, rispetto a gennaio 2020, la presa di coscienza di essere in guerra contro un nemico invisibile che ha stravolto la loro quotidianità e socialità, aumentando di pari passo l’attenzione e avversione nei confronti della sporcizia e dei germi.

Sebbene il COVID-19 riguardi il mondo intero, indistintamente, il suo impatto e la sua percezione sono risultati maggiori in alcuni paesi rispetto ad altri, e questo a causa delle differenze culturali, politiche e di quanto velocemente e con autorevolezza i governi si siano adoperati per fronteggiare l’emergenza.

Le implicazioni sanitarie ed economiche di una pandemia sono strettamente intrecciate e, inevitabilmente, se da un lato le autorità sanitarie pubbliche hanno decretato che il modo migliore per prevenire la diffusione di un virus altamente contagioso e potenzialmente letale fosse di chiudere le attività sociali, commerciali e le scuole, attraverso l’adozione di un lockdown rigido, dall’altro gli economisti, congiuntamente alla classe politica, riconoscono il danno che tali misure hanno provocato ai sistemi finanziari.

E queste considerazioni hanno originato a un delicato dualismo, se fosse cioè  prioritario preservare le vite umane oppure mantenere viva l’economia e le imprese, salvaguardando i posti di lavoro.

 

A livello globale si è assistito ad una netta divisione nelle priorità, per cui mentre ad esempio in Asia e in Europa i governi hanno messo al primo la salute dei cittadini a discapito dell’economia, in America è avvenuto l’esatto contrario.

In breve, ma questo dato verrà ripreso successivamente, l’indagine rivela una netta spaccatura, a livello globale, tra chi crede nelle istituzioni e nella sicurezza collettiva, ma con un senso di sfiducia verso il Sistema Salute e chi, all’opposto, ha sviluppato una tendenza individualista, ponendo come prioritario il bisogno di socialità e, pur non credendo nelle istituzioni, ripone fiducia nella scienza e nelle cure mediche.

Si è verificata una marcata divisione nella reazione dei cittadini, dei diversi paesi, rispetto agli sforzi effettuati dai governi, autorità sanitarie e aziende farmaceutiche per arginare la diffusione del virus, con la preoccupazione generalizzata, l’83%, che il processo di sviluppo e approvazione dei vaccini sia stato troppo affrettato, portando le aziende farmaceutiche interessate a non rispettare protocolli di sicurezza rigorosi e le autorità competenti a sottovalutare i rischi, fattori che, a detta degli intervistati, determineranno l’insorgenza di problemi a breve e lungo termine.

Dallo studio, emerge come la fiducia nei vaccini e la fiducia nelle istituzioni sia strettamente correlata, a tal punto che, ad esempio in India, 3 intervistati su 4 sono disposti a tollerare eventuali effetti collaterali, da lievi a moderati, in cambio dell’ efficacia terapeutica. Al contrario, in Francia, 1 persona su 2 non crede nel vaccino per il Covid-19 e nelle istituzioni politiche e sanitarie che lo promuovono.

Stiamo perdendo il controllo sulla nostra salute?

Negli ultimi 10 anni, gli studi effettuati sui prosumer hanno evidenziato una tendenza che stimola considerazioni importanti.

Se da un lato è oramai acquisita una maggiore responsabilità individuale nella salvaguardia della propria salute, sempre meno persone sentono di averne il controllo. Se nel 2011, l’80% del campione intervistato dichiarava di poter influire in maniera attiva sul mantenimento, ad esempio, della propria linea e della forma fisica, sulle malattie sessualmente trasmissibili o, ancora, sul diabete e disturbi cardiovascolari, nel 2021 solo il 53% sostiene di poter evitare di sviluppare problemi connessi all’obesità o a una malattia sessualmente trasmissibile.

Il 90% dei prosumer mondiali concorda che è responsabilità collettiva il prendersi cura della salute, evitando di sovraccaricare il sistema sanitario, ma solo il 39% è certo di poter controllare tutte le variabili correlate con le malattie, ancor più quelle pandemiche, sebbene riconosca l’importanza di poterne diminuire il rischio di contagio attraverso l’adozione di misure di prevenzione quali l’utilizzo di mascherine o il distanziamento sociale.

E ancora, mentre in Brasile, Messico, Perù, Cina, India e Arabia Saudita, 3 intervistati su 4 sostengono che chi decide di non vaccinarsi mette a rischio la società e, per questo, non dovrebbe poter tornare liberamente alla sua vita normale, restando confinato in quarantena o pagando un extra per le cure mediche, in Francia, Svizzera e Regno Unito questo pensiero è espresso solo da 1 intervistato su 4. E a conferma di ciò, in questi paesi si è registrato un crescente sviluppo dei movimenti no-vax e negazionisti.

 

Un altro dato interessante delinea come, all’inizio della pandemia, quando non erano del tutto noti i meccanismi di diffusione del virus, era consuetudine vedere persone che si lavavano le mani, o le disinfettavano più volte o, ancora, sterilizzavano qualunque pacco ricevuto per posta, indossavano guanti di lattice nei luoghi pubblici e lasciavano le scarpe fuori dalla soglia di casa.

A distanza di un anno, la percezione dell’importanza della pulizia come mezzo di profilassi permane, con l’87% degli intervistati concorde che un’igiene rigorosa sia essenziale per la salute e di aver assunto, rispetto al passato, un regime di pulizia più regolare, al punto che 3 prosumer su 4, sono ora più propensi a investire tempo e denaro nel mantenimento di una casa pulita.

l’85% del campione intervistato in Cina e 3 su 4 negli Stati Uniti, presta più attenzione anche alla pulizia nei negozi, ristoranti, trasporti pubblici e in altri luoghi, ammettendo che lo farà anche dopo che la pandemia sarà alle nostre spalle, e solo il 13% dei prosumer globali afferma di essere divenuto, per eccesso, ossessionato dall’igiene.

Da quest’ultimo dato emerge anche come il COVID-19 abbia dato vita a nuove forme di ansia da igiene, con il 60% dei prosumer mondiali, con picchi del 77% in Francia, seguita da Danimarca, Svizzera e Spagna, che sostiene che le rigide regole di igiene introdotte nella nostra quotidianità dall’ultimo anno, ci priveranno dei piaceri della vita e che questo avrà ripercussioni gravi, sulla nostra socialità in genere, e anche dal punto di vista psicologico.

 

Cosa ci aspettiamo dai brand oggi?

Nell’era post pandemica, i consumatori si aspettano che i marchi li accompagnino e siano leader nel cambiamento in corso. Un sempre maggiore interesse è stato, per questo indirizzato, verso

quei marchi che informano e suggeriscono, attraverso contenuti educazionali, pratiche per la salute individuale, tra cui un’alimentazione più sana e sostenibile e il rispetto per l’ambiente. Parallelamente a questo, gli interessi si sono focalizzati su marchi che possono migliorare la qualità della vita, attraverso lo sviluppo di strumenti tecnologici touchless, sistemi di igienizzazione, purificazione, sterilizzazione e sistemi filtranti dell’aria.

 

Il futuro del Sistema Salute mondiale nel post-COVID-19.

Un effetto collaterale evidente della diffusione del contagio è stato l’infodemia, ossia il propagarsi, a una velocità superiore a quella del virus, di disinformazione, fake news e stravaganti teorie complottistiche, nel cui dedalo è risultato complesso districarsi anche per chi possiede un livello di conoscenze scientifiche medio-elevate.

Dallo studio emerge come, al primo posto tra le fonti di salute più affidabili, gli intervistati considerino il proprio medico personale, sebbene quasi 1 prosumer su 7 si fidi anche di noti esperti mediatici, e individuino la necessità di prestare maggiore ascolto alle esigenze specifiche del paziente quale margine di miglioramento della medicina di base, auspicando un evoluzione del medico da figura che si occupa unicamente dei disturbi, a un life-coach in grado di indicare, attraverso la conoscenza della storia familiare e delle patologie pregresse, un percorso che interessi in modo olistico gli aspetti della salute fisica e mentale del paziente.

Nei 31 paesi intervistati, rispetto alla percezione del Sistema Salute, si è manifestata una scollatura evidente in due gruppi, i “tradizionalisti”, di cui fan parte i paesi del “vecchio mondo” come Belgio, Francia e Svizzera, che prediligono approcci medici tradizionali, sono diffidenti nella genetica e nelle terapie ad essa collegate così come nell’applicazione dei big data, ed evidenziano la necessità di una visione bioetica delle tecnologie mediche emergenti e, diametralmente all’opposto, i  ” Disruptors”, gli innovatori di rottura, donne e uomini che credono nella scienza e nel progresso, entusiasti della condivisione dei dati, delle tecnologie all’avanguardia e dei progressi scientifici nel sistema sanitario, che attendono con ansia le scoperte future.

Appartengono a questo gruppo i paesi come il Brasile, Cina, India e Stati Uniti, mentre l’Italia si posiziona più vicina ai “tradizionalisti”, con una fiducia nel Sistema Sanitario ma con uno sguardo rivolto al futuro.

 

Direzioni future ed eredità post-COVID-19

In conclusione, ciò che emerge da questo studio è che ognuno, singolo e collettività, e con diversi livelli di implicazione, ha inevitabilmente modificato le sue abitudini e atteggiamenti, ponendo l’attenzione su concetti che fino a 16 mesi fa venivano dati per assodati, scontati o, in alcuni casi, immutabili, nel bene e nel male di ciò che questo abbia significato e comportato, e in previsione di quello che l’esperienza della pandemia lascerà in eredità al mondo.

Gli autori dello studio, esperti di marketing, evidenziano come, nei settori più disparati, dai prodotti per la pulizia all’oggettistica e tecnologia domestica, dall’industria del design a quella turistica, i marchi dovranno trovare nuove modalità per infondere, nelle persone, un senso di sicurezza che permetta loro di sentire come, al di là delle restrizioni, stiano comunque conducendo una vita nel rispetto della loro felicità.

Per le aziende farmaceutiche, il 2020 ha registrato sorprendenti scoperte sul COVID-19, sui suoi meccanismi d’azione, di replicazione e su possibili terapie, ma le ha costrette ad affrontare numerosi quesiti sulla correttezza, sicurezza e trasparenza dei dati.

Benché sia sotto lo sguardo di tutti l’apporto che molte compagnie farmaceutiche hanno dato nello sviluppo, in tempi rapidi, di vaccini, test di screening e trattamenti, non è aumentata la fiducia che i singoli hanno nei loro confronti, al punto che solo l’1% dei prosumer considera le aziende farmaceutiche una fonte affidabile di informazioni in ambito salute.

Per costruire un rapporto con i consumatori, è fondamentale un cambiamento nelle percezioni, ad incominciare dall’onestà e trasparenza, come sostiene l’81% degli intervistati, a cui fanno eco 3 prosumer su 4, sostenendo che è responsabilità delle aziende farmaceutiche il mantenere bassi i prezzi cosicché i trattamenti innovativi siano realmente alla portata di tutti.

E senza scordare quanto, nella visione futura dei singoli, alcuni nuovi attori saranno determinanti nell’evoluzione dell’ecosistema sanitario, evidenziando ad esempio il ruolo sinergico che, al fianco della scienza, avranno i grandi marchi dell’innovazione quali Amazon, Google e altri giganti della tecnologia. Per spostare la percezione dall’Io al Noi, e intraprendere un percorso verso una responsabilità comune nei riguardi della salute collettiva.

 

Fonti:

https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019

“Health and hygene in the post-covid-19 era.” Prosumer Report by Havas Group

06/05/2021

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