Esiste un rapporto tra musica e salute mentale?

“Se non studio un giorno, me ne accorgo io. Se non studio due giorni, se ne accorge il pubblico”. (Niccolò Paganini)

Questa domanda è stata a lungo oggetto di indagini cliniche, empiriche e teoretiche, con numerosi studi che evidenziano associazioni positive tra la musica e lo stato fisico e psicologico, con riduzione di sintomi quali depressione o ansia, e un generale miglioramento in termini di qualità di vita, benessere, comportamento prosociale, socializzazione e sviluppo emotivo.

Il rapporto individuale con la musica può essere di tipo passivo (ascolto) o attivo (canto oppure il suonare uno strumento) e, in entrambi i casi, una sempre più vasta letteratura conferma l’impatto di questa relazione sullo sviluppo socio-emotivo, strettamente legato a molti aspetti cognitivi e a tratti della personalità.

Per poter però, scientificamente, quantificare i reali benefici derivanti da questa interazione è necessario definire un quadro teorico che distingua, in questi effetti, il contributo delle influenze genetiche e ambientali (e la loro interazione) e determinare alcuni approcci che consentano di valutare, più chiaramente, le basi neurali di questa associazione.

Una revisione della letteratura suggerisce che il coinvolgimento musicale (attivo o passivo) può fornire una “via d’uscita” per tutte quelle persone che stanno vivendo problemi di interiorizzazione, esternalizzazione o disturbi del pensiero, attraverso la regolazione delle emozioni e l’attivazione di molteplici percorsi neurobiologici, tra cui, ad esempio, il sistema di reward (ricompensa), la sede a maggiore densità di recettori e neuroni dopaminergici del nostro cervello, responsabile appunto del benessere percepito a livello conscio.

Approfondiamo la nostra curiosità qui.

26/10/2023

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